5. Cesure, dieresi, enjambement nell’esametro dattilico
- 1. Tipi di cesura
- 2. Collocazioni e nomi delle cesure
- 3. Collocazioni e nomi delle dieresi
- 4. Funzioni di cesure e dieresi
- Esempio 1: Hor. Sat. I 1, 1
- Esempio 2: Hor. Sat.I 1, 3
- Esempio 3: Hor. Sat. I 1, 4-5
- Esempio 4: Hor. Sat. I 1, 6
- Esempio 5: Hor. Sat. I 1, 8
- Esempio 6: Verg. Ecl. 1, 4
- Esempio 7: Verg. Ecl. 1, 5
- Esempio 8: Verg. Aen. 1, 4
- Esempio 9: Ov. Met. I 1-4
Il ritmo del verso non è dato soltanto dall’alternarsi di sillabe brevi e lunghe o piedi dattilici e spondaici, ma anche dalla relazione delle parole con i piedi che compongono l’esametro; in particolare, dalla posizione nel verso delle fini di parola. Una parola può finire
- all’interno di un piede, e in tal caso si ha quella che viene definita una cesura e si indica con il simbolo║
- tra un piede e l’altro, e in tal caso si ha quella che viene definita una dieresi e si indica con il simbolo │
I termini “cesura” e “dieresi” derivano il primo dal latino, il secondo dal greco, e sono sostanzialmente sinonimi: indicano ambedue un taglio, un separazione, e si sono specializzati ad indicare le due diverse interazioni tra fine di parola e confini del piede.
1. Tipi di cesura
Vi sono due tipi di cesura:
- se cade dopo la prima sillaba lunga del dattilo o dello spondeo (quindi – ║∪∪ oppure – ║– ) si parla di cesura forte o maschile
- se cade dopo una lunga + una breve (quindi – ∪║ ∪) si parla di cesura debole o femminile, o con termine più politicamente corretto, cesura trocaica (la sequenza – ∪ è appunto detta “trocheo”). Naturalmente non si può avere una cesura trocaica in uno spondeo, che a differenza del dattilo non contiene un trocheo.
2. Collocazioni e nomi delle cesure
Vi sono delle collocazioni preferenziali per le cesure nell’esametro. Queste sono:
- la cesura tritemimera o semiternaria, che cade dopo tre mezzi piedi:
1– ∪∪ 2– ║∪∪ 3– ∪∪ 4– ∪∪ 5– ∪∪ 6– 𝄐 - la cesura pentemimera o semiquinaria, che cade dopo cinque mezzi piedi; è anche detta cesura centrale, dato che divide l’esametro in due parti quasi uguali:
1– ∪∪ 2– ∪∪ 3– ║∪∪ 4– ∪∪ 5– ∪∪ 6– 𝄐 - la cesura eftemimera o semisettenaria, che cade dopo sette mezzi piedi:
1– ∪∪ 2– ∪∪ 3– ∪∪ 4– ║ ∪∪ 5– ∪∪ 6– 𝄐
3. Collocazioni e nomi delle dieresi
Le collocazioni preferenziali per le dieresi, invece, sono due:
- dopo il primo piede: 1– ∪∪ │2– ∪∪ 3– ∪∪ 4– ∪∪ 5– ∪∪ 6– 𝄐
- dopo il quarto piede: 1– ∪∪ 2– ∪∪ 3– ∪∪ 4– ∪∪ │5– ∪∪ 6– 𝄐. Questa è detta anche dieresi bucolica, dato che la poesia bucolica ne fa un uso particolarmente frequente
4. Funzioni di cesure e dieresi
Un esametro naturalmente contiene sempre ben più di una cesura o dieresi; alcune sono rafforzate da pause nella sintassi o nella declamazione, altre semplicemente servono a variare il ritmo del verso con l’intersecarsi delle due strutture coesistenti, quello dato dalle fini di parola e quello dato dal susseguirsi di piedi dattilici e spondaici.
Cesure e dieresi tendono per lo più a dividere il verso in due o tre parti, spesso bilanciando artisticamente vari elementi tra di esse.
Vediamo qualche esempio, riconsiderando per primi alcuni dei versi già analizzati.
Esempio 1: Hor. Sat. I 1, 1
1quī fīt,│2Māecē3nās,║ūt 4nēmō,│5quām sĭbĭ 6sōrtem
Troviamo qui, tutte sottolineate da pause sintattiche (in pratica, le virgole) una dieresi dopo il primo piede, una cesura pentemimera ed una dieresi bucolica. La dieresi dopo il primo piede isola ed enfatizza la domanda iniziale (“come accade”), mentre il nome di Mecenate, il destinatario della satira 1, si trova evidenziato tra la prima dieresi e la cesura pentemimera.
Esempio 2: Hor. Sat.I 1, 3
1cōntēn2tūs║vī3vāt,║lāu4dēt║dī5vērsă sĕ6quēntis?
Qui abbiamo le tre cesure tritemimera, pentemimera ed eftemimera. Tra di esse si trovano racchiusi i due termini-chiave vivat e laudet, messi in forte evidenza: come mai, dice il poeta, nessuno vive contento della propria sorte, ma invidia quella degli altri?
Esempio 3: Hor. Sat. I 1, 4-5
“1ō fōr2tūnā3tī║mēr4cātō5rēs”│grăvĭs 6ānnis
1mīlĕs ă2īt,║mūl3tō║iām 4frāctūs│5mēmbră lă6bōre;
Anche questi due versi sono uniti da enjambement: gravis annis alla fine del primo è attributo di miles all’inizio del secondo. Enjambement è un termine francese con cui si indica appunto che la sintassi “scavalca” i confini del verso: in questo caso un’ unità sintattica, la frase gravis annis miles ait, inizia dopo la dieresi bucolica del primo esametro e termina con la dieresi dopo il primo piede del secondo. L’enjambement è quindi un altro elemento che introduce variabilità nel ritmo esametrico, una variabilità che sarebbe bene rendere anche nella lettura. La frequente mancata coincidenza tra pause sintattiche e di verso tende quasi a nascondere, nella satira di Orazio, la struttura esametrica conferendo alla satira stessa un sapore quasi prosastico (ricercato, naturalmente). Ma anche nella poesia più ‘alta’, come l’epica, gli enjambement contribuiscono spesso a variare il ritmo, conferire enfasi, o creare altri effetti stilistici.
Esempio 4: Hor. Sat. I 1, 6
1cōntrā│2mērcā3tōr║nā4vēm║iāc5tāntĭbŭs 6Āustris
Qui abbiamo dieresi dopo il primo piede, cesura pentemimera e cesura eftemimera. La dieresi isola ed enfatizza il contra iniziale, che marca l’inizio di un nuovo periodo nel quale si propone un’idea opposta alla precedente. La cesura pentemimera o centrale divide come sempre il verso in due parti ben bilanciate (tre accenti ritmici in ciascuna), la seconda delle quali contiene un ablativo assoluto il cui oggetto (navem) è isolato tra pentemimera ed eftemimera.
Esempio 5: Hor. Sat. I 1, 8
1mōmēn2tō cĭtă 3mōrs║vĕnĭt 4āut vīc5tōrĭă 6lāeta
In questo verso evidenzio la sola cesura centrale, per farne meglio apprezzare la funzione. Oltre a dividere il verso in due parti uguali (si chiamano “emistichi”, termine greco che significa “mezzi versi”), bilancia elegantemente le parole: cita mors, alla fine del primo emistichio, corrisponde all’altro nominativo victoria laeta, anch’esso costituito da una coppia nome + aggettivo e collocato alla fine del secondo emistichio.
Esempio 6: Verg. Ecl. 1, 4
Vediamo ora un verso dalle Bucoliche di Virgilio per evidenziare una simile funzione stilistica:
1nōs pătrĭ2ām fŭgĭ3mūs:║tū, 4Tītўrĕ, 5lēntŭs ĭn 6ūmbra
Anche qui mi limito a evidenziare la cesura pentemimera o centrale. Si potrebbero notare anche una cesura tritemimera e una dieresi bucolica, ma la pentemimera – sottolineata anche dalla pausa di senso (i due punti) ha la funzione essenziale di dividere il verso in due emistichi, inaugurati da pronomi personali (rispettivamente nos e tu) in forte opposizione l’uno con l’altro.
Esempio 7: Verg. Ecl. 1, 5
1fōrmō2sām║rĕsŏ3nārĕ dŏ4cēs║Ămă5rȳllĭdă 6sīlvas
Questo altro verso delle Bucoliche di Virgilio presenta una struttura tripartita e non bipartita, creata dalle cesura tritemimera ed eftemimera. Le tre parti sono ben equilibrate e contengono due accenti ritmici ciascuna; la prima e la terza parte iniziano con un aggettivo (formosam) e un nome (Amaryllida) concordati tra loro.
Esempio 8: Verg. Aen. 1, 4
1vī sŭpĕr2ūm║sāe3vāe mĕmŏ4rēm║Iū5nōnĭs ŏ6b īram
Questo verso dell’Eneide ha la stessa struttura del precedente: tritemimera ed eftemimera definiscono un verso tripartito ed equilibrato, questa volta però con una distribuzione delle parole diversa e più complessa che coinvolge la seconda e la terza parte. Sono infatti concordate tra loro le parole saevae e Iunonis, e memorem e iram, creando una struttura incrociata che si chiama chiasmo (nota: tra memorem e Iunonis non c’è sinalefe, perché la I- è semiconsonantica davanti ad altra vocale).
Esempio 9: Ov. Met. I 1-4
1īn nŏvă│2fērt ănĭ3mūs ║ mū4tātās 5dīcĕrĕ6fōrmas
1cōrpŏră;│2dī, cōe3ptīs║ (nām 4vōs mū5tāstĭs ĕt 6īlla)
1ādspī2rātĕ mĕ3īs║ prī4māqueăb ŏ5rīgĭnĕ6mūndi
1ād mĕă│2pērpĕtŭ3ūm║ dē4dūcĭtĕ│5tēmpŏră6cārmen.
Concludiamo questa veloce carrellata con i primi versi delle Metamorfosi di Ovidio. Ho evidenziato solo alcune delle cesure; la pentemimera o centrale è sempre la principale, ma ve ne sono altre che collaborano al sottile gioco ritmico che lega questi esametri. Nei primi due versi, le parole iniziali separate dalla dieresi dopo il primo piede, in nova… corpora, sono concordate tra loro e creano un forte enjambement; lo stesso fanno le parole subito prima della pentemimera nei versi 2 e 3, coeptis… meis. La sintassi lega ancora varie parole tra i versi 3 e 4, prima ab origine… ad mea tempora; e nel verso 4 ad mea, subito prima della dieresi dopo il primo piede, si lega a tempora subito dopo la dieresi bucolica. L’ampio prologo ovidiano si estende quindi per ben 4 versi, con sintassi e dieresi che legano gli esametri tra loro e attenuano sempre l’importanza della cadenza finale dell’esametro per creare una struttura più complessa.
Questi sono solo alcuni esempi degli effetti eleganti e sofisticati che si possono creare con l’esametro, un verso solo apparentemente semplice e ripetitivo. Piedi dattilici e spondaici, cesure e dieresi, e strutture sintattiche creano ritmi che si intersecano tra loro, offrendo al poeta un repertorio di effetti stilistici ed espressivi praticamente inesauribile.