0.0: Introduzione: terminazioni e casi

0.0: Introduzione: terminazioni e casi

L’italiano modifica la parte finale delle parole per alcuni scopi: ad esempio, nei nomi, negli aggettivi e nei pronomi, per distinguere singolare e plurale (cane / cani, bello / belli) e maschile e femminile (gatto / gatta, questo / questa); nei verbi, per distinguere persona, tempo e modo (io leggo / tu leggi, lui leggeva / lei leggerà, noi leggeremmo / che noi leggessimo). Nomi, aggettivi, pronomi e verbi hanno quindi di solito una parte fissa (tema) e una parte finale variabile (terminazione, uscita o desinenza: queste definizioni non sono in realtà equivalenti, ma per gli scopi di questo corso possiamo trascurare la differenza.

Il latino usa le terminazioni in modo analogo all’italiano per i verbi, ma ne fa un uso molto più ampio per nomi, aggettivi e pronomi. Vediamo un esempio:

  • Grammaticus discipulum laudat diligentiā eius.
    “Il maestro elogia lo studente per la sua attenzione”

In latino, sono le terminazioni -us e -um a farci capire rispettivamente che grammaticus è il soggetto della frase, e discipulum il complemento oggetto. Le stesse terminazioni ci informano anche circa il genere (maschile) e il numero (singolare) dei due nomi. Analogamente, la terminazione rivela la funzione di complemento di causa svolta dal nome diligentiā, oltre che il suo genere (femminile) e il suo nu mero (singolare).

In italiano è soltanto la posizione dei nomi rispetto al verbo che ci permette di distinguere tra soggetto (‘il maestro’) e complemento oggetto (‘lo scolaro’): se l’ordine fosse invertito (‘lo scolaro elogia il maestro’), sarebbero invertite anche le funzioni sintattiche dei due nomi. Ciò non avverrebbe in latino: il significato della frase infatti rimane identico cambiando l’ordine delle parole (ad es. discipulum grammaticus laudat), dato che come si è visto la loro funzione sintattica è definita dalla terminazione. La funzione del complemento di causa è esplicitata in italiano dalla preposizione ‘per’.

NOTA BENE: L’ultima parola della frase latina, eius, termina in -us come grammaticus, ma svolge una funzione del tutto diversa essendo in realtà un complemento di specificazione (= ‘di lui’): vedremo in seguito come in questo caso la terminazione che definisce la funzione sintattica della parola è -ius e non -us. Per evitare di farsi ingannare da coincidenze di questo tipo, l’analisi della terminazione delle parole deve essere sempre accompagnata da una buona conoscenza della morfologia e da un’attenta considerazione del contesto in cui la parola stessa si trova.

In latino, la desinenza definisce quindi la funzione sintattica di un nome (o pronome, o aggettivo). In linguaggio più tecnico, si dice che ne indica il caso. I casi di un nome latino sono sei; nella prossima lezione vedremo i due più importanti, nominativo e accusativo.