0.2: Genitivo e dativo

0.2: Genitivo e dativo

Nominativo e accusativo, come abbiamo visto nella lezione precedente, sono i pilastri principali sui quali si costruiscono quasi tutte le frasi. Esistono però altre funzioni sintattiche (‘complementi’) che il latino esprime semplicemente variando la terminazione di nomi, aggettivi e pronomi: esistono cioè altri casi che esprimono complementi specifici. In questa lezione introdurremo il Genitivo e il Dativo.

Il Genitivo esprime soprattutto il complemento di specificazione (“la casa di Tizio“), ma può avere anche altre funzioni, come quella di partitivo (“il migliore di tutti“; “un po’ di pane“), di complemento di qualità (“una persona di grande onestà“), ecc. Quando il nome in caso genitivo dipende da un nome che indica un’azione si usa distinguere tra genitivo oggettivo (per esempio “l’elezione di Cicerone“, cioè “il fatto di eleggere Cicerone”) e soggettivo (“l’arrivo dei nemici“, cioè “il fatto che i nemici arrivino”), a seconda che il nome al genitivo indichi il soggetto o il complemento oggetto dell’azione implicita nel nome da cui dipende. Tipicamente, il genitivo dipende da un nome (come in “le gambe del tavolo“) o da un aggettivo (come in “pieno di rabbia“), e in latino come in italiano si trova per lo più vicino ad essi (in latino, anche prima oltre che dopo).

Il Dativo esprime il complemento di termine (“Cicerone scrive a un amico“), ma anche altri, come per esempio quello di interesse o vantaggio (“lo faccio per te“) o di fine (“lo uccido per vendetta“). Il dativo può dipendere da un verbo (come in “regalo un libro a Mario“) o da un aggettivo (come in “simile a Tizio“), e in questi casi si trova per lo più immediatamente prima o dopo di essi. In altri casi, come quando esprime il complemento di interesse o vantaggio, la sua posizione è più libera.

Si possono seguire i link per ottenere maggiori informazioni riguardo ai complementi elencati sopra. In generale, occorre fare molta attenzione a identificare i complementi dal loro significato e non dalla preposizione che li introduce, come talvolta si insegna a scuola. Ad esempio, nella frase “la notte risplende di stelle” c’è un complemento introdotto dalla preposizione “di”, che tuttavia non ha nulla a che fare con il complemento di specificazione o gli altri complementi corrispondenti al genitivo latino (si tratta piuttosto di un complemento di mezzo o causa); e nella frase “vado a casa” abbiamo un complemento di moto a luogo, che è introdotto dalla preposizione “a” come il complemento di termine ma è del tutto diverso, e non corrisponde affatto al dativo latino.

I nomi in -a (prima declinazione) e i nomi in -us (seconda declinazione) formano il genitivo e il dativo secondo questo schema:

1a decl.2a decl.
Nom.-a-us
Gen.-ae-i
Dat.-ae-o

Come si vede, il genitivo e il dativo della prima declinazione sono identici. Tuttavia, considerando il contesto non sarà difficile capire se, ad esempio, puellae debba essere considerato genitivo (ad es. “della ragazza”) o dativo (ad es. “alla ragazza”). Come vedremo, esistono molte sovrapposizioni di questo tipo nella flessione dei nomi latini; ma un’attenta considerazione del contesto permette sempre di sciogliere le eventuali ambiguità.